#ARAcomera. Un’esperienza di fruizione fra Patrimonio e tecnologia

aracome

L’Ara com’era un racconto in realtà aumentata è il nuovo percorso proposto ai visitatori per una visita immersiva dell’Ara Pacis. Il progetto, promosso da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita Culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e organizzato da Zètema Progetto Cultura, è stato realizzato da ETT SpA.

La visita si snoda attraverso 9 punti di interesse e permette di conoscere immergersi nella storia dell’Ara Pacis. ll percorso ha inizio davanti al plastico del Campo Marzio Settentrionale per iniziare a contestualizzare l’opera, per poi passare al plastico ricostruttivo dell’Ara Pacis dove è possibile assistere al rito sacro che si teneva presso l’Ara, raccontato nel dettaglio sulla base di diverse fonti letterarie e iconografiche.

I calchi raffiguranti i membri della famiglia imperiale invece permetteranno di raccontare la storia che ha consentito alla dinastia giulio-claudia di reggere a lungo le sorti di Roma.

Infine si potranno osservare i dettagli dell’Ara Pacis attraverso la narrazione e la restituzione del colore sui marmi del monumento.

Il visitatore per poter fruire dei contenuti dovrà indossare cuffie e visori AR (Samsung GearVR) cui è abbinato un Galaxy S7.

visori

Come mia abitudine vorrei parlare dei pro e dei contro dell’esperienza lato utente.

Pro

  • Il nuovo percorso mi sembra interessante soprattutto dal punto di vista didattico.
  • I punti informativi del percorso sono molto chiari e permettono al visitatore di comprendere pienamente l’Ara nel suo complesso.
  • I testi sono ben articolati (seppure con qualche termine di difficile comprensione per i non addetti ai lavori).
  • La possibilità di visualizzare i colori originari del monumento aiuta alla comprensione dello stesso.

Contro

  • La grafica del plastico del Campo Marzio e quella del modello dell’Ara Pacis non appaiono particolarmente curate e, nel secondo caso, si assiste ad un fastidioso spostamento di piani durante la visione.

Infine una piccola nota personale sull’indossabilità. I device non sono così comodi da portare in giro (fra cuffie e visore da tenere – meglio se con due mani – mi sento un po’ costretta), e per chi ha problemi di vista, come nel mio caso, danno un po’ di problemi.

Detto questo attendo commenti, opinioni, pareri, perché indubbiamente un intervento del genere non può lasciare indifferenti.

Qui maggiori info per la visita:

L’ARA COM’ERA prenderà il via il 14 ottobre e sarà così articolato:

  • dal 14 ottobre al 17 dicembre, venerdì e sabato dalle 20 alle 24 (ultimo ingresso ore 23)
  • dal 23 dicembre all’8 gennaio, tutte le sere dalle 20 alle 24 (ultimo ingresso ore 23)
  • dal 13 gennaio al 15 aprile, venerdì e sabato dalle 20 alle 24 (ultimo ingresso ore 23)
  • dal 21 aprile al 31 ottobre, tutte le sere dalle 20 alle 24 (ultimo ingresso ore 23)

L’ingresso sarà organizzato in piccoli gruppi contingentati, la visita avrà la durata di circa 45 minuti e sarà disponibile in 5 lingue: italiano, inglese, francese, spagnolo e tedesco.

INFO: 060608 | http://www.arapacis.it

 

Il tempo nel #museo. #passaTempo al Macro.

“Tante volte mi è stato chiesto di votare ma mai di fermarmi a pensare”.

Mi piace iniziare da questa bella frase, di una collega e amica, il racconto e l’analisi dei dati emersi all’evento partecipato #passaTempo – ideato e condiviso da Michela Santoro e Antonella Sbrilli con un gruppo di colleghe e amiche – e tenutosi domenica 3 luglio al Macro di via Nizza alla mostra Dall’oggi al domani. 24ORE nell’arte contemporanea, curata da Antonella Sbrilli e Maria Grazia Tolomeo.

Su Nati sotto Mercurio (http://www.natisottomercurio.it/index.php/2016/06/25/passatempo-al-macro/) trovate tutte le informazioni sulla genesi e lo svolgimento dell’evento, qui invece mi soffermerò sulla mia attività in mostra.

Davanti all’opera di Ben Vautier – Le temps n’a pas de centre – ho chiesto ai visitatori di sintetizzare in un aggettivo il tempo trascorso nella loro vita all’interno dei musei.

Ben

Ben Vautier, Le temps n’a pas de centre, 1972

 

L’idea mi è venuta sulla scorta del mio interesse per il pubblico dei musei, e con la ferma convinzione che i musei debbano mettersi in ascolto per capire i reali bisogni e le necessità del proprio pubblico.

Sino ad oggi abbiamo sempre pensato al tempo oggettivo del museo. Per visitare la Galleria Borghese, ad esempio, abbiamo a disposizione due ore, per vedere il tale museo mi offrono il parcheggio gratuito per 3 ore e via così. Ma in realtà dovremmo spostare il punto di vista. Il tempo non è quello del museo, ma quello soggettivo del visitatore del museo. È il visitatore che decide in piena libertà quanto tempo dedicare alla visita, quanto stare seduto sul divanetto davanti all’opera, se guardare un unico quadro per 30 minuti, dedicare l’intera giornata ad una sola sala, o correre su e giù in 2 ore.

E dunque com’è il tuo tempo al museo? Questa la domanda a cui hanno risposto decine e decine di persone, anche facendo letteralmente la fila. La mia idea originaria era di prendere questi aggettivi e di collocarli all’interno di una mappa metereologica divisa in quattro settori (sole, sereno, coperto, pioggia con fulmine), ma sono stata subito spiazzata da un visitatore che ha scritto “sorprendente”. Dove lo mettereste voi? Io sono corsa a metterlo sotto il sole, ma lui mi ha risposto che una visita al museo, per lui, è sorprendente come un fulmine. E quindi ho capito che dovevano essere gli stessi descrittori del proprio tempo a collocare i post-it nel settore più confacente al loro sentire.

Si è andata così a formare una nuova mappa del sentiment museale. Alcune parole sono comparse più volte in settori diversi e così si trova un “lento” al sole (perché una visita al museo ha il tempo lento di una calda giornata d’estate) e un “lento” sotto la pioggia (perché non c’è niente di meglio che visitare con calma un museo quanto fuori piove). Un tempo “sospeso” fra le nuvole e uno nel sereno. Un “noioso” decisamente nuvoloso (che però mi ha fatto capire che i dati non erano falsati e che nonostante la mia presenza le persone si sentivano libere di dare ogni tipo di giudizio), e uno “straniante”.

Ho raccolto poi un “tutto mio” sotto il sole accompagnato da un “la mia vita”, un “mio” in un cielo sereno, un “intimo” sotto la pioggia e un “soggettivo” sotto le nuvole. Perché, qualunque sia il tempo metereologico non esiste niente di più bello della libertà che si prova a percorrere da soli le sale di un museo.

E poi i bambini con il loro tempo “curioso”, “bello”, “divertente” che fanno ben sperare sul loro rapporto con il museo.

Un nota a parte devo dedicarla al tempo “dissennato”. Una signora mi ha dato questo post-it e alla mia curiosità ha risposto che le era stato suggerito dal figlio perché lei avrebbe scritto svuotata, che è la sensazione che prova quando finisce di visitare un museo. Potterianamente il figlio deve aver pensato che sentirsi svuotati era un po’ come essere incappati nei dissennattori e quindi perché non un tempo dissennato?

Alla fine dell’esperienza io ne sono uscita arricchita. Avevo dei dubbi inizialmente, devo ammetterlo. Avevo paura di essere invadente. Invece ho scoperto che le persone avevano voglia di partecipare, di dire la loro, di sapere che relazione ci fosse fra l’opera in mostra e la mia ricerca. Abbiamo ricevuto tanti ringraziamenti, anche per aver fatto passare alle persone un pomeriggio diverso e per aver cambiato – per una volta – il loro tempo nel museo.

Chiudo con un grazie va al ragazzo che ha attaccato l’ultimo biglietto. Il post-it si è trasformato in un origami, un piccolo uccellino che sulle ali porta la scritta “volato via”… perché il mio tempo al museo Macro il 3 pomeriggio è proprio “volato via”.origami

Grazie a tutti.