Sui nuovi siti web museali italiani. Cose buone e alcune perplessità

Nelle settimane in cui si assiste alla messa online del rivisitato sito del MET di New York e del nuovo sito del Victoria&Albert di Londra giunge anche la notizia che qualcosa si muove – a livello di siti web – anche per i musei italiani.

La nomina dei nuovi direttori dei musei autonomi ha portato alla pubblicazione, per ora, di due siti web. Cosa che si aspettava da tempo vista l’arretratezza in cui versano la maggior parte dei siti web museali italiani (laddove esistono).

Parliamo del nuovo sito della Pinacoteca di Brera e di quello della Galleria Nazionale delle Marche.

Il sito di Brera, arrivato per primo, ha fatto gioire molti. Pur trovando -ma questo è un parere strettamente personale – la Home troppo carica e poco equilibrata, va però detto che siamo in presenza di un sito con contenuti, buone immagini e – finalmente – una collezione online di 578 opere (e speriamo che vada incrementandosi). Il sito è chiaro, con sezioni ben definite ed è possibile in modo semplice compiere le ricerche.

Punti critici. Le immagini delle opere non possono essere salvate e le opere proposte ad alta definizione hanno sempre un logo che rimane nell’immagine.

Galizia

Particolare da Fede Galizia – dal sito di Brera

 

Ma la cosa che mi colpisce di più è il virtual tour. Ottima idea se non fosse che è praticamente impossibile sapere quale opera si stia guardando perché non possono essere lette le didascalie…  

Il sito della Galleria Nazionale delle Marche ha come sottotitolo Palazzo Ducale di Urbino. Qui si può apprezzare una scelta grafica netta e pulita con sfondo bianco, testi in nero e titoli ed header in rosso. Bellissime le immagini scelte. Ma anche qui c’è qualcosa da dire. I testi sono molto lunghi (non sarebbe stato meglio aggiungere dopo un testo più sintetico il classico “approfondisci” o “per saperne di più”?), ma il vero problema è relativo alla sezione ‘collezioni’ che con solo 12 opere risulta un po’ povera.

Bene dunque il proposito di ripartire dai siti web, e speriamo che lo facciano anche gli altri musei, ma visto che arriviamo tardi cerchiamo di dare il meglio. Coraggio!

Un forum non fa primavera, tanto meno #museo 3.0

Da un paio di giorni si dibatte, sui social e con articoli più o meno istituzionali comparsi in rete, sull’incontro Museo digitale tenutosi il 10 giugno alla Social Media Week di Roma. Inutile dire che le posizioni fra il Mibact con il suo MuD progetto sul Museo Digitale – il cui sito non si apre più dal pomeriggio dell’incontro -, e una buona parte del pubblico in sala non coincidono.

Dopo anni di lavoro nel campo della comunicazione museale attraverso le “nuove tecnologie” – come si diceva un tempo – e attraverso i social da qualche tempo a questa parte, non posso sentir definire “rivoluzione” (cit. Marianna Marcucci che durante l’incontro ha detto “la rivoluzione digitale non è oggi, era ieri l’altro) la proposta che la comunicazione digitale nei musei si affianchi alla comunicazione tradizionale all’interno dei percorsi museali e all’esterno delle istituzioni, perché questo – e trovo strano che il Ministero non se ne sia accorto – si fa da anni e lo si fa a prescindere dalle posizioni delle istituzioni. In un web partecipato le istituzioni museali comunicano a prescindere. Comunicano attraverso le parole dei visitatori sui social e sulle piattaforme di condivisione, comunicano attraverso i professionisti della cultura che si impegnano quotidianamente a mettere in valore un Patrimonio che viene spesso maltrattato.

Non si può sentir dire, nel 2015, che i Musei sono pieni di oggetti da comunicare. Non si può parlare di digitalizzazione del Museo perché così si fornisce l’opportunità di “visitare” il museo oltre la visita reale. Tutto questo si fa già, nel mondo e alcuni lo fanno anche in Italia e soprattutto il dibattito teorico su questi temi va avanti da un decennio se non di più.

Non è una rivoluzione scrivere “l’informazione museale viene trasmessa all’utente attraverso un blog mentre, il dialogo tra i portatori di interesse si sviluppa concretamente sul sito con un forum che offre un luogo virtuale di discussione mediato e coordinato dal gruppo MuD”.

Sinceramente non ho capito cosa sarà MuD – e forse in un mondo partecipato e connesso anche quando si sceglie il nome di un progetto bisognerebbe vedere cosa esiste già con lo stesso nome – ma so che il Mibact potrebbe fare dei grandi passi avanti nella comunicazione già solo se organizzasse non delle conferenze, ma degli scambi reali con quelli che definisce “portatori di interesse”. Una delle cose più sconcertanti dell’incontro alla Social Media Week è stata l’autoreferenzialità, grazie anche alla mancanza di uno spazio di discussione in cui far intervenire il pubblico (c’erano molti esperti e addetti ai lavori in sala).

E potrebbe fare passi ancora più grandi se intervenisse sui siti web museali. Basta una visione sommaria per capire che molti non solo non comunicano, ma non vengono aggiornati e riportano informazioni parziali. Basta scrivere una mail ad un museo, come fanno molto spesso i turisti stranieri, per capire che il dialogo non ci sarà perché dietro a quella mail non c’è nessuno.

Cominciamo dalle cose che sembrano piccole, poi un giorno parleremo forse di web 3.0. Oggi non siamo maturi, lasciamo queste cose ai grandi…

 

Il marketing culturale nell’era del Web 2.0. Come la comunità virtuale valuta i musei

copertinaDa qualche tempo, prima all’estero e poi anche in Italia, per opera prima di turisti stranieri e poi anche italiani,  il web si è popolato di un corpus di commenti circostanziati che riguardano collezioni, musei, siti archeologici.
Nel libro sono state prese in considerazione, per la prima volta, le opinioni sui musei postate in rete da questo “nuovo pubblico”; sono state quindi analizzate una serie di realtà museali che presentassero un numero significativo di commenti e sono state poi  predisposte delle griglie comparative, divise per visitatori italiani e visitatori stranieri, da cui emergono interessanti considerazioni sui musei da parte del pubblico della rete.

Qui la scheda del libro e un’anteprima: http://www.guaraldi.it/Scheda.aspx?id=856